ORIGINI, STORIA E SIGNIFICATO DEL TRICOLORE
Sentendo la spiegazione di Roberto Benigni sull'origine del tricolore ho avuto il sentore che qualcosa non era esatto, ho quindi fatto una semplice ricerca sull'origine della nostra bandiera ed ecco l'origine, la storia e il significato del tricolore. Buona lettura
Nella
primavera del 1796 avvenne un fatto che avrebbe sconvolto la storia della
nostra Italia. Un giovane generale francese, Napoleone Bonaparte, penetra dalle
Alpi in territorio piemontese, sconfigge rapidamente l'esercito del Regno di
Savoia, batte poi quello austriaco, entra a Milano, impone l'armistizio e poi
le condizioni di pace all'Imperatore d'Austria. In tale modo pose le premesse
per la creazione di un primo Stato veramente italiano, la Repubblica Cisalpina,
a cui ne seguiranno altre, fino alla creazione di una vera e propria Repubblica
Italiana, divenuta poi Regno d'Italia.
Questa
storia che durò circa vent'anni fu determinante per svegliare la nostra
Penisola, nell'esaltazione di una coscienza nazionale e di una coscienza
civile.
E
quando Bonaparte giungerà a Bologna scriverà a Parigi: "Io qui ho trovato
un grande dibattito politico". Si andava, infatti, affermando un vero e
proprio movimento che si proponeva anche per l'Italia un assetto costituzionale
fondato sugli immortali principi dell'89 e cioè quelli dell'unità ed
indivisibilità della nazione accanto a quelli di libertà, eguaglianza e
fraternità.
Ma,
potrebbe osservare qualcuno: ha una giustificazione fare risalire la storia
della nostra bandiera a due secoli or sono, quando lo stato unitario italiano
invece risale al 1861? Sì, rispondiamo, c'è una giustificazione, perché il
nostro Risorgimento trova le sue profonde radici proprio negli eventi di quegli
ultimi anni del secolo XVIII. Quello che avverrà mezzo secolo dopo, tra il 1848
e il 1870, sarà solo la felice conclusione di un processo storico iniziatosi
nel periodo che in questa sede ci interessa e nel quale si formò una coscienza
nazionale per la prima volta: fu il tempo delle cosiddette Repubbliche
giacobine che sorsero in Italia quali la Cispadana, la Cisalpina, la Ligure, la
Romana, la gloriosa Napoletana; infine la Repubblica italiana. Orbene,
l'origine della bandiera bianco, rosso e verde va fatta risalire proprio alla
Repubblica Cispadana, la prima in ordine cronologico e forse proprio per questo
la più interessante, anche dal punto di vista del diritto costituzionale.
Segnaliamo
che i colori della bandiera Nazionale Italiana furono stabiliti dal Senato di
Bologna, con un documento datato 18 ottobre 1796, in cui si legge:
"Bandiera coi colori Nazionali - Richiesto quali siano i colori Nazionali
per formarne una bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso."
A Reggio Emilia il 7 gennaio 1797 fu fatta mozione che si renda Universale lo
Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che
questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba
portarsi da tutti. Viene decretato. Il congresso della Repubblica Cispadana convocato
a Modena il 21 gennaio del 1797 confermando le deliberazioni di precedenti
adunanze decretò vessillo di stato il tricolore per virtù d'uomini e di tempi
fatto simbolo dell'unità indissolubile della nazione.
Giuseppe
Compagnoni, originario di Lugo e deputato di Ferrara, era un uomo di cultura
che prese parte attiva alla vita politica nel periodo napoleonico ed era
appunto il Segretario Generale della Repubblica Cispadana. Proprio su sua
proposta, il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia i 110 rappresentanti delle province
di Bologna, Ferrara, Reggio e Modena, proclamarono la Bandiera Tricolore,
bianco, rosso e verde, simbolo e vessillo di quella Repubblica Cispadana che
avevano fondata nell'anno precedente. Il giorno prima, su proposta del deputato
Aldebrandi, si era stabilito che lo stemma della nuova Repubblica fosse un
turcasso con quattro frecce e con i fori per eventuali altre per esprimere il
desiderio di un'unione più vasta. E nei giorni seguenti fu decretato che
"in tutti i luoghi ove si alza insegna di sovranità venga piantata la
bandiera tricolore verde, rossa e bianca con l'impronta di turcasso".
L'innovazione
fu ritenuta talmente notevole e straordinaria che il Comitato di Governo
espresse al Congresso, in data 23 gennaio, qualche dubbio sull'opportunità di
procedere al cambiamento dello stemma e della Bandiera e di "somministrare
gli opportuni chiarimenti", temendo in sostanza di turbare i rapporti con
l'autorità francese di occupazione! Ma la bandiera fu adottata all'unanimità: i
colori erano posti in senso orizzontale: quello rosso, il primo in alto,
portava l'iscrizione: libertà-eguaglianza; quello bianco, nel mezzo, conteneva
lo stemma con il turcasso rosso e le iniziali R. e C. (Repubblica Cispadana);
quello verde, in basso, su cui era scritto per le bandiere militari il
nominativo dei reparti. Così per la prima volta il Tricolore diveniva la
bandiera di uno Stato Italiano. La scelta dei colori fu certamente ispirata a
quelli della bandiera francese, adottata a sua volta qualche anno prima, il 15
luglio 1789 a Parigi, per decisione del Comitato rivoluzionario, dalla milizia
parigina, aggiungendo al bianco della vecchia bandiera borbonica il rosso e il
blu dello stemma del Municipio di Parigi. Nel 1792 il Tricolore bianco, rosso e
blu diveniva definitivamente la bandiera nazionale di Francia. Dunque il
Tricolore nostro si volle simile a quello francese. Ma perché, nel volere
giustamente apportare la differenza di un solo colore, si preferì il verde?
Probabilmente
influirono su questa decisione gli avvenimenti accaduti in Bologna tre anni
prima e cioè nell'autunno del 1794.
In
quei giorni due giovani studenti, Luigi Zamboni e Giovanni Battista De
Rolandis, si erano prefissi di organizzare una rivoluzione per ridare al Comune
di Bologna l'antica indipendenza perduta con la sudditanza agli Stati della
Chiesa. A tal fine furono propagate idee liberali, predisposte armi e diffuse
coccarde bianco, rosso e verdi.
La
sommossa, nella notte del 13 dicembre, fallì e i due studenti furono scoperti e
catturati dalla polizia pontificia, insieme ad altri diciannove cittadini.
Avviato
il processo, il 19 agosto 1795, Luigi Zamboni fu trovato morto nella cella
denominata "Inferno" dove era rinchiuso insieme con due criminali,
che lo avrebbero strangolato per ordine espresso della polizia. L'altro
studente Giovanni Battista De Rolandis fu condannato a morte ed impiccato il 23
aprile 1796. Orbene, la scelta del colore verde da parte dello Zamboni sarebbe
stata determinata, secondo alcuni storici, dal fatto che tale colore è il
simbolo della speranza e "l'Italia era solo una speranza" come
scrisse il Castagna nel suo: "Commento allo Statuto Italiano".
Un
altro filone di tradizione è da rinvenirsi a Milano nel 1796, allorché vennero
formate sia la Guardia Nazionale Milanese, sia la Legione lombarda.
Ma
torniamo alla Repubblica Cispadana, che abbiamo indicato come il primo Stato
che adottò in Italia il Tricolore. Sei mesi dopo (era il 18 luglio), allorché
Napoleone diede il suo consenso all'unificazione della Lombardia con
l'Emilia-Romagna, avvenne la fusione delle Repubbliche Transpadana e Cispadana
in un solo Stato: la Repubblica Cisalpina, con un Parlamento, un esercito di
ben 25.000 uomini, con capitale Milano e con bandiera il Tricolore,
sostanzialmente eguale a quello della Repubblica Cispadana.
Successivamente,
nel gennaio 1802, scomparve definitivamente la Repubblica Cisalpina, perché fu
proclamata la Repubblica Italiana. Ottocento deputati, giunti a Milano da tante
parti d'Italia, proclamarono tale nuovo vasto Stato. Presidente della
Repubblica Italiana fu Napoleone medesimo, mentre vicepresidente fu Francesco
Melzi d'Eril. E' da notare che la forma della bandiera Tricolore fu un quadrato
a fondo rosso, in cui era inserito un rombo a fondo bianco, in cui era inserito,
a sua volta, un quadrato a fondo verde.
Neanche
la Repubblica Italiana ebbe lunga vita perché, in conseguenza della sua
evoluzione monarchica, Napoleone, incoronato imperatore dei francesi a Parigi
il 2 dicembre 1804, divenne anche re d'Italia, cingendo nel Duomo di Milano
l'antica corona ferrea il 26 maggio 1805.
Sorse
così il Regno d'Italia, che comprendeva in sostanza tutta l'Italia
settentrionale e centrale e di cui fu Viceré Eugenio Beauharnais, figlio della
prima moglie del Bonaparte. Il Tricolore fu confermato come bandiera, dunque,
del Regno che durò sino al 1815 e cioè sino alla fine del periodo napoleonico.
La bandiera monarchica fu un po' diversa da quella repubblicana in quanto il
rombo bianco al centro del vessillo delimitava quattro triangoli di cui due
verdi e due rossi. Sui campi d'Europa le bandiere bianco rosso e verdi furono
spiegate accanto a quelle francesi dalle corpose formazioni italiane che fecero
parte della "Grande Armée". Queste truppe, generali, ufficiali e soldati
si coprirono di gloria nella campagna di Russia e in particolare a
Maloiaroslavez (24 ottobre 1812), ad Ocmiana e a Borodino, come pure il 16
ottobre 1813 nella battaglia cosiddetta delle nazioni a Lipsia.
A
Mosca il primo ad arrivare fu il colonnello Ottavio Tapputi, pugliese, alla
testa dei reparti italiani! Quel sangue in terra straniera non fu inutile alla
nostra futura unità perché fu sparso all'ombra delle bandiere tricolori e
perché i superstiti divennero i primi protagonisti del movimento nazionale per l'indipendenza
d'Italia.
Finita
l'epoca napoleonica il Tricolore scomparve dalla scena ufficiale militare e
politica d'Europa, mentre, con il Congresso di Vienna e la firma della Santa
Alleanza, vi fu il ritorno dei vecchi sovrani assolutisti in Europa e in
Italia. Ma, mentre nessuno degli otto Stati in cui fu divisa la penisola
mantenne il Tricolore, la restaurazione non lo ammainò nei cuori dei patrioti.
Così per circa trent'anni e sino al 1848 il vessillo tricolore non fu la
bandiera ufficiale d'alcuno Stato, ma divenne il simbolo di tutti coloro che si
batterono per l'unità, l'indipendenza e la libertà d'Italia. Così nei moti del
1817 a Macerata, in quelli del 1820 a Nola, a Napoli, a Messina e a Palermo,
durante i processi lombardi contro Maroncelli, Pellico e Confalonieri, e nella
rivolta in Piemonte nel 1821, così nelle insurrezioni e condanne a Modena e nel
Cilento; così nei moti del 1831 in Romagna, nelle Marche e un po' dovunque
nella Penisola. E il giuramento della Giovine Italia di Giuseppe Mazzini, che
nel 1833 aveva ben 60.000 iscritti, veniva pronunciato davanti al Tricolore,
issato in tutti i tentativi insurrezionali degli anni trenta.
E
come non ricordare Goffredo Mameli che, prima di innalzarla sulle pianure
lombarde e sulle mura di Roma, ne fu l'alfiere in tutte le manifestazioni
patriottiche nelle vie di Genova? Il 10 dicembre 1847, giornata rimasta nella
storia del Risorgimento perché la dimostrazione popolare genovese fu la più
grande che mai si fosse avuta fino ad allora in Italia, gli organizzatori
avevano all'inizio invitato il ventenne Mameli a togliere via il Tricolore per
prudenza, ma non avevano ottenuto il suo consenso. E così il corteo di
venticinquemila genovesi si avviò dietro alla bandiera, sfilò davanti al
mortaio di Portoria, dove un secolo prima era avvenuto l'episodio di Balilla. E
risuonò il "Canto degli Italiani" composto poche settimane prima, che
diverrà poi l'Inno di Mameli.
E
giungiamo così al 1848, che il Carducci ricorderà come ... Oh anno de’
portenti, / oh primavera de la patria, oh giorni, / ultimi giorni del fiorente
maggio, / oh trionfante / suon de la prima italica vittoria / che mi percosse
il cuor fanciullo! ... Sarebbe troppo bello descrivere quegli eventi: battaglie
sanguinose, cortei, manifestazioni, vittorie e sconfitte; sacrifici e martiri!
Dobbiamo limitarci alla storia della nostra bandiera che in quell'anno fatale
ebbe una svolta decisiva. Orbene, il 4 marzo Carlo Alberto di Savoia, Re di
Sardegna, promulgava lo Statuto del Regno, che trasformava un regime
assolutistico in un regime costituzionale. L'art. 77 della Carta così
stabiliva: "Lo Stato conserva la sua bandiera: e la coccarda azzurra è la
sola nazionale". La bandiera era in sostanza costituita dallo stemma
sabaudo in campo azzurro. Ma il 23 marzo Carlo Alberto entrava in guerra contro
l'Austria (Prima Guerra d'Indipendenza) e nel proclama affermava: "E per
voler meglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana,
vogliamo che le nostre truppe entrando nel territorio della Lombardia e della
Venezia portino lo scudo di Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore
italiana". Da quel giorno, la bandiera bianco rosso e verde diverrà il
vessillo del Regno di Sardegna, che lo conserverà insieme allo Statuto anche
dopo la definitiva sconfitta del 1849, mentre nel resto della Penisola venivano
ripristinate le vecchie bandiere. Ed il 9 febbraio 1849 veniva proclamata la
Repubblica Romana, retta dai Triumviri Mazzini, Saffi ed Armellini: bandiera
della Repubblica fu proclamato il Tricolore! E per cinque mesi Roma resistette
all'assedio dei francesi, superiori di numero e di mezzi.
Attorno
al Tricolore e a Garibaldi, 14.000 uomini combatterono sanguinosamente sul
Gianicolo: il fior fiore della gioventù di tutta Italia vi partecipò e molti vi
morirono, tra cui Goffredo Mameli di 22 anni, Luciano Manara, Emilio Morosini,
Enrico Dandolo e tanti altri. Ed infine a Venezia il Tricolore, con al centro
il Leone di S.Marco, sventolava sulla Repubblica dal marzo 1848; sarà ammainato
solo per fame e colera e per gli spietati bombardamenti austriaci dell'anno
successivo.
Segue,
poi, il cosiddetto decennio di preparazione, costellato ancora di martiri e di
eroi, da quelli di Belfiore a quelli di Sapri, fino alla Seconda Guerra
d'Indipendenza. E come potere riassumere l'esaltazione del Tricolore nella
Spedizione dei Mille con cui Garibaldi conquistò la Sicilia, la Calabria, la
Basilicata, la Puglia, la Campania e l'Abruzzo, offrendo così al Re più di un
terzo della Penisola? Il Tricolore fu innalzato su tutte le torri civiche e i
campanili del Sud e trascinò le Camicie Rosse da Calatafimi alla grande
battaglia campale del Volturno.
Con
la legge del 17 maggio 1861 n. 4671 veniva proclamato il Regno d'Italia, di cui
la bandiera tricolore diveniva naturalmente il vessillo nazionale. Così quel
tricolore che negli anni del nostro Risorgimento era stato cantato dai poeti e
dal popolo di tutte le parti della Penisola, cucito e ricamato nel segreto dei
grandi palazzi e delle case più umili dalle donne italiane, glorificato come
simbolo della rivoluzione nazionale, santificato con il sacrificio supremo
nelle battaglie, nelle sommosse e sui patiboli, diveniva la bandiera
dell'Italia Unita e da allora la sua storia si confonderà con quella, ben più
complessa, della Nazione. Così durante la 3a Guerra d'Indipendenza del 1866, al
termine della quale il Veneto fu unito all'Italia, purtroppo il nuovo Regno
riportò due sconfitte militari assai gravi: la prima sulle alture di Custoza il
24 giugno e la seconda il 20 luglio successivo nel mare di Lissa.
A
Lissa si disse che la bandiera della nave "Re d'Italia" era stata
catturata dal nemico. Ed invece la bandiera, inalberata, era colata a picco con
la nave. Era avvenuto, infatti, che la nave era stata raggiunta e speronata
dalla nave austriaca "Ferdinando Max" e quando incominciò ad
inclinarsi su un fianco i marinai nemici avrebbero potuto impossessarsi del
vessillo. Ma lo impedì il guardiamarina Razzetti, che ammainò la bandiera
finché non fu scalato il ponte della nave austriaca e poi la inalberò nuovamente
fino al fatale inabissamento!
Quattro
anni dopo, il 20 settembre 1870, dopo un breve scontro in cui complessivamente
vi furono 80 morti e 200 feriti, l'esercito italiano entrava a Roma. Cadeva
così il millenario potere temporale dei Papi. Orbene alle tre del pomeriggio di
quella storica giornata il 2° battaglione del 39° reggimento Fanteria,
preceduto da fanfare, salì sul Campidoglio e si dispose in quadrato nella
piazza. Al suono della Marcia Reale e fra le acclamazioni popolari, il
sottotenente Lugli appoggiava la Bandiera ad un braccio della statua di Marco
Aurelio, lasciandola poi inalberata, con la guardia d'onore del battaglione
stesso.
Nei
decenni successivi il Tricolore, testimone di coraggio e di ardimento,
sventolerà al caldo sole africano: il 10 marzo 1882 ad Assab (Somalia), il 5
febbraio 1885 a Massaua (Eritrea) e tra l'88 e l'89 nella Dancalia, a Cheren e
ad Asmara. Non mancarono gravi sconfitte: Dogali, Amba Alagi, Macallè e
soprattutto Adua il 1° marzo 1896, ma ovunque rifulse l'estenuato e disperato
valore dei nostri soldati attorno alle proprie bandiere.
E
giungiamo così alla guerra 1915-'18: la grande guerra fu per estensione e per
violenza, per numero dei combattenti, come dei caduti, dei dispersi, dei feriti
e dei mutilati, nonché per la sua durata, il conflitto più terribile che fino
ad allora si fosse mai scatenato nel nostro pianeta.
L'Italia
ne uscì vittoriosa, ma stremata dal punto di vista psicologico, sociale e
materiale. Il Tricolore, issato a Trento e a Trieste, raggiungeva così i
confini naturali dell'Italia. Immensi e sovrumani furono i sacrifici dei nostri
soldati nei lunghi anni di trincea, di avanzate cruente e di ritirate
sconvolgenti, sulle montagne nevose e lungo i fiumi, su un fronte lungo
ottocento chilometri dallo Stelvio all'Adriatico. Gli eroismi individuali e
l'abnegazione di interi reparti rifulsero in mille e mille episodi. I nomi
delle brigate e dei reggimenti, come i nomi dei monti e dei centri ove più
aspri furono i combattimenti sono impressi nel cuore e nella mente di coloro
che nacquero pochi anni dopo la vittoria del 1918 e ne sentirono l'eco nelle
proprie famiglie e nella scuola. E al centro di tutto vi era sempre il
Tricolore.
Ma
anche nella seconda guerra mondiale attorno al Tricolore rifulsero il valore,
il sacrificio e l'eroismo individuale e collettivo della nostra gioventù sulle
ambe e nel deserto dell'Africa, sulle montagne della Grecia, nel fango e nel
gelo delle pianure russe, sul mare e nel cielo. E quindi anche di questa guerra
drammatica e tragica sotto vari aspetti politici e militari vorremmo ricordare
due episodi che coinvolgono direttamente la nostra bandiera. Che dire
dell'epopea di Giarabub, oasi isolata nell'interno libico, difesa da un piccolo
presidio agli ordini del colonnello Castagna? Dopo dieci mesi di assedio, il 21
marzo 1941 le truppe inglesi ed australiane riuscirono ad avere ragione della
nostra resistenza.
Allora
il colonnello ordinò che la Bandiera che sventolava sulla torre della ridotta
Mercutti venisse bruciata al cospetto del nemico mentre risuonava il grido dei
superstiti: "Viva l'Italia".
E
il 23 dicembre 1942 ad Arbusow in Russia, durante la terribile ritirata dal Don
al Donez, mentre la morsa dei corazzati sovietici stava per stringersi sulla
divisione Torino, il carabiniere Giuseppe Plado Mosca, afferrata una bandiera e
inforcato un cavallo, si lanciava da solo contro il nemico trascinando migliaia
di uomini in un travolgente assalto all'arma bianca. Scomparve nelle fiamme
della battaglia, guadagnandosi la medaglia d'oro al Valor Militare alla
Memoria.
Ma
la storia di un popolo non è, fortunatamente, caratterizzata solo dalle guerre,
ma è illuminata anche da lunghi periodi di pace. Orbene, anche per tali periodi
la storia si confonde nel suo perenne divenire con quella della Bandiera
Nazionale. E così il nostro Tricolore ha sventolato e continua a sventolare
sulle conquiste civili, scientifiche e sportive; nelle nostre ricorrenze e
festività; o sui tetti completati delle nuove case; nelle nostre missioni
militari di pace, di solidarietà e di civiltà. E anche di questo ampio e
variegato panorama vorrei ricordare qualche esempio: Luigi di Savona, Duca
degli Abruzzi, che il 31 luglio 1897 conficcava sulla vetta del Sant'Elia in
Alaska (m. 5.514) la piccozza col vessillo tricolore. Erano presenti Umberto
Cagni, Francesco Gonella e Vittorio Sella e le guide valdostane Petigax e
Maquignaz; gridarono tutti "Viva l'Italia". E il 18 aprile 1906 lo
stesso principe sabaudo innalzerà il Tricolore, donatogli dalla Regina
Margherita, sulla cima del Ruvenzori a circa 5.000 metri. E vent'anni dopo
Umberto Nobile, il 12 maggio 1926 e poi il 24 maggio 1928, lancerà sul Polo
Nord, rispettivamente dai dirigibili "Norge" e "Italia", la
bandiera tricolore. Egli scrisse "La seguii cogli occhi, finché non la
vidi adagiarsi sui ghiacci. Era un pezzo di stoffa, ma quel pezzo di stoffa era
l'Italia lontana". E ai giorni nostri, il 31 luglio 1954, una pattuglia di
coraggiosi, capitanati da Ardito Desio, conquistava la vetta del K2 a quota m.
8.611 e la Bandiera Tricolore era attaccata alla piccozza del capocordata.
L'avrebbe
vegliata lo spirito di Mario Pichoz, la guida di Courmayeur!
E
intanto la nostra Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, stabiliva
all'art. 12: "La bandiera della Repubblica è il Tricolore italiano: verde,
bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni".
Nonostante
qualche voce isolata, se non contraria almeno incerta, l'inserimento in
Costituzione di tale disposizione fu ritenuto opportuno da tutti in sede di
Assemblea Costituente. Fu solo sollevata la questione se nel mezzo della banda
centrale bianca dovesse porsi in avvenire uno stemma. L'Onorevole Meucci Ruini,
Presidente della Commissione che aveva redatto il progetto costituzionale,
affermò: "La Commissione si pronuncia intanto pel tricolore puro e
schietto, semplice e nudo, quale fu alle origini e lo evocò e lo baciò,
cinquant'anni fa, il Carducci: e così deve essere la bandiera dell'Italia
repubblicana".
Infatti
nel primo centenario del Tricolore, il 7 gennaio 1897, fu commemorato proprio
con un discorso a Reggio Emilia del grande poeta Giosuè Carducci, il quale si
rivolse alla Bandiera con queste parole: "Sii benedetta! benedetta
nell'immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui
immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e
sempre nei secoli!". Ed aggiunse: "quei colori parlarono alle anime
generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle virtù onde la patria
sta e si angusta: il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l'anima
nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a
frutto di bene della gioventù dei poeti; il rosso, la passione ed i l sangue
dei martiri e degli eroi!".
Commenti